Dahmer – Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer recensione della serie tv con Evan Peters

Buona sera cuplovers, tra una puntata di House of Dragon e una de Gli Anelli del Potere avevo divorato Dahmer (sì il gioco di parole mi è uscito così) e oggi, finalmente, riesco a caricare la recensione 🙂
Spinta dalla curiosità e dalle tante impressioni positive, ho deciso di dare un’opportunità alla serie Netflix. Di solito non sono una fan delle serie crime, ma ad attirare la mia attenzione è stato il nome di Evan Peters, protagonista della serie e attore che mi piace molto. In Dahmer, Peters non è bravo, di più. L’intera serie si regge attorno al suo carisma, alla sua capacità di rendere, solo con lo sguardo, la mostruosità del suo personaggio. Dahmer è una serie davvero notevole che vi consiglio assolutamente di guardare.

Premi vinti: golden globe a Evan Peters come miglior attore in una miniserie

nel piattino abbiamo:

Dahmer – Mostro:
la storia di Jeffrey Dahmer

DISPONIBILE SU Netflix
Miniserie

Una serie da brividi: 5 tazzine meno qualche piccola cosa
voto in tazzine Strega del Crepuscolovoto in tazzine Strega del Crepuscolovoto in tazzine Strega del Crepuscolovoto in tazzine Strega del CrepuscolotazzinaMEZZA+_stregaDELcrepuscolo

Dahmer è una serie… difficile da guardare, perché, a differenza di altre serie dove si può avere un certo distacco, anche solo pensando che, in fin dei conti, è una storia inventata, beh, qui è tutto vero. Ogni tanto, guardando le puntate, mi capitava di dimenticarmene, pensando cose come “non è possibile che non l’abbiano beccato prima” per poi ricordarmi che è tutto, spaventosamente, vero.

La serie inizia dalla fine mostrandoci l’ultima quasi vittima di Dahmer, l’unico ragazzo che è riuscito a scappare, a fermare la polizia e far arrestare il mostro. Una delle cose particolari della serie è che non c’è un filo temporale preciso ci vengono mostrati il presente e il passato senza una continuità. Questi continui salti non sono disturbanti, la storia si riesce a seguire senza difficoltà o fastidio (per certi versi, questa struttura mi ha ricordato how to get away with murder).

Evan Peters ha fatto un lavoro incredibile, con lo sguardo sempre fisso, il sorriso sghembo (che ora che ci penso fa tanto Edward Cullen) è davvero riuscito a cogliere alcuni dettagli del vero Dahmer. Una delle poche cose che non mi ha convinto troppo è che, sebbene il mostro ci venga mostrato come un bel ragazzo, ha sempre quel qualcosa, quell’espressione un po’ strana, quell’aria un po’ “inquietante” che mi ha portato a chiedermi come abbia potuto sedurre così tanti ragazzi. Certo, un ragazzo, probabilmente ha meno “paura”, rispetto a una ragazza, a rimanere solo con uno sconosciuto ma, anche così, mi chiedevo: ma non lo vedono che è un pazzo? Io, a uno così, starei almeno a dieci chilometri di distanza…

Jeffrey è un ragazzo dal passato problematico e la serie, così come fa Lionel Dahmer verso la fine, si interroga sul perché sia arrivato a compiere tali brutali omicidi. Jeffrey non ha un passato semplice ma nemmeno così traumatizzante. I suoi genitori non avevano un buon rapporto, sua madre soffrì, probabilmente, di depressione post-partum arrivando a tentare di togliersi la vita e Lionel non sapeva come creare un rapporto con il figlio. L’unico momento bello che condividono è quando l’uomo, insegnerà a Jeffrey a… sventrare animali morti per dedicarsi alla tassidermia cosa che, anni dopo, lo porterà a interrogarsi: se non avesse mai insegnato a Jeffrey niente del genere, sarebbe diventato comunque un serial killer? Lionel non ha mai voluto capire la verità, ha avuto più volte, sotto gli occhi, i comportamenti anormali di Jeffrey e anzi, quando il figlio ha tentato di parlargli, si è rifiutato di capire. A peggiorare il tutto c’è l’omosessualità repressa di Jeffrey, mai accettata dal padre o dalla nonna che, anzi, spesso gli chiedono se c’è qualche ragazza che gli piace, negando la realtà. Ed è proprio quando, dopo aver fantasticato su un ragazzo che fa jojjing per diverso tempo, Jeffrey si fa avanti e viene respinto che arriva il primo, brutale, omicidio. Il primo omicidio è l’unico quasi involontario. Jeffrey non voleva uccidere ma, anche se per diverso tempo dopo, non farà altre vittime, è indubbiamente questa prima morte a dare il via a tutto.

L’abbandono della madre e poi quello del suo primo partner lo segnano profondamente contribuendo a creare il suo modus operandi. Jeffery soffre di sindrome dell’abbandono e uccide le sue vittime prima che possano lasciarlo. Le droga perché non lo lascino e le uccide perché sa che tutti, prima o poi, si allontaneranno. Ferisce gli altri prima che possano ferirlo. Nel corso della serie vediamo Jeffrey solo una volta provare qualcosa per uno dei suoi ragazzi e per qualche momento ho sperato che potesse funzionare che il mostro si sarebbe fermato ma quando lo sventurato ragazzo deve partire per qualche giorno, la paura prende il sopravvento su Jeffrey spingendolo a commettere l’ennesimo omicidio.

Jeffrey ha ormai un bisogno compulsivo di mettere in atto il suo rituale, un bisogno tale che l’uomo non si preoccupa nemmeno di nascondere quello che fa tanto che il suo appartamento puzza costantemente.

Una tematica importante che la serie affronta è il razzismo. Jeffrey si trasferisce in un quartiere abitato, in prevalenza, da neri, le sue vittime sono, per la maggior parte, nere e quando Glenda Cleveland chiama la polizia per denunciare che nell’appartamento di Dahmer succedono cose preoccupanti, non viene ascoltata perché nera. La serie solleva un problema di razzismo anche se Jeffrey non era razzista ma sceglieva le sue vittime più per una questione di attrazione e aveva scelto quel quartiere più perché era poco controllato dalla polizia che per altro. La frustrazione di Glenda per non essere creduta e perché i poliziotti preferiscono credere a uno come Jeffrey, piuttosto che a lei, non può che arrivare con forza allo spettatore. La polizia ha avuto l’occasione di salvare le ultime vittime di Dahmer e invece, non solo non l’ha fatto, ma ha riconsegnato un ragazzino al proprio carnefice. E qui si vede che non era tanto un discorso di razzismo. I due poliziotti hanno riconsegnato il ragazzino appena Dahmer ha detto che quello era il suo fidanzato… il loro imbarazzo, la loro repulsione verso gli omosessuali ha impedito loro di vedere oltre le apparenze e capire che c’era qualcosa che non andava. Appena hanno sentito le parole “è il mio ragazzo” hanno subito cambiato espressione e non ne hanno più voluto sapere. La cosa più terribile della serie è proprio il fatto che, pur avendone l’opportunità, Dahmer non è stato fermato prima.

Dahmer è una serie che mi ha coinvolto dalla primissima puntata, la bravura di Evan Peters è impressionante, l’atmosfera è giustamente ansiogena, sai che Jeffrey ucciderà, ma non quando… Vi consiglio assolutamente di recuperarla.


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