Caffettino time: è tempo di film con “Raccontami di un giorno perfetto”


Quando si ha una migliore amica che abita a chilometri di distanza da te, che ci sia o meno la quarantena questo non influisce poi molto sul rapporto. Internet rimane il miglior mezzo di comunicazione e vi sorprenderebbe scoprire come uno strumento del genere sia riuscito a legare due persone così diverse, ma allo stesso modo estremamente simili. Per noi ritrovarsi su un divano a guardare film e mangiare insieme schifezze è un lusso che ci possiamo –forse dovrei dire potremmo– concederci poche volte l’anno, ma abbiamo i nostri metodi alternativi: scegliere un film, fare il conto alla rovescia e farlo partire entrambe nello stesso identico momento ognuna a casa propria, poi lo commentiamo via messenger o whatsapp mentre lo guardiamo xD temiamo di essere il peggior incubo di chi ama il cinema silenzioso, noi dobbiamo commentare durante la visione, commentare, commentare. Oltre a questo abbiamo in comune un’altra cosa, abbiamo una propensione particolare a scegliere, senza volerlo, quelle storie romantiche che nascondono risvolti tragici. Abbiamo proprio un…un…dono, che io chiamerei più propriamente sfiga, ma va beh.

nel piattino abbiamo:

Raccontami di un giorno perfetto

REGIA DI Cathy Yan
TRATTO dall’omonimo romanzo di Jennifer Niven

Il mio voto è di

Ieri abbiamo decretato che il film che avremmo visto sarebbe stato “Raccontami di un giorno perfetto”. L’ha scelto lei, non io. Al sentirlo nominare qualcosa si è acceso nella mia testa, mi ricordava il titolo di un libro, ma la pigrizia di guardarci –come spesso accade– ha avuto la meglio. L’ho collegato al romanzo della Niven decisamente troppo tardi.

Cosa mi ha lasciato questo film? La voglia di leggere un romanzo di Virginia Woolf, pensieri tristi, belle citazioni e la certezza che i nostri film li dobbiamo far scegliere a qualcun altro! Quando devo esprimere un giudizio però cerco sempre di non limitarmi a quello personale, di aprire la mente a occhi differenti. Ebbene credo che nonostante la mia voglia di una pellicola decisamente diversa questo non sia un brutto film. Credo che possa far riflettere molto qualcuno che non sa cosa voglia dire perdere una persona cara prima del tempo, cosa serva per uscire da quel baratro di vuoto assoluto che sembra la vita in quei momenti. La risposta? Credo aimè che non sia uguale per tutti, ma che per molti voglia dire estraneità dai propri schemi, stimoli differenti, il distacco prima dell’accettazione.

Violet ha perso la sorella in un incidente d’auto. Si sente disperata, confusa, oppressa e, per quanto gli amici provino a starle accanto, anche incompresa. Il mondo le sembra un posto vuoto, così una sera sale sul muretto dove c’è stato l’incidente e medita di buttarsi, di farla finita. È così che la conosce Finch. Lui, che a scuola non l’ha mai davvero notata, interrompe la sua corsa serale e con un tatto fuori dal comune riesce a farle stringere quella mano che la condurrà giù dal ponte e a ripensare a molte cose. Da quel momento Violet diventa come un’ossessione per lui, è come se si fosse prefissato il compito di farla riprendere a respirare.
Finch è tante cose: determinato, presuntuoso, folle, insistente, esasperante e anche terribilmente incasinato. Lui è per Violet quell’estraneità dai propri schemi, quello stimolo che fa apparire la vita differente. È brillante nel capirla, la incalza a superare le sue paure, è infaticabile nel cercare un suo sorriso. Ammetto di averlo adorato per questo.
Finch è un lettore accanito di Virginia Woolf (da qui la mia voglia di leggere un suo libro) e porta sulla pellicola bellissime citazioni, sa essere sottile, ma è soprattutto un osservatore acuto e questo fa capire già nella prima metà del film che deve aver avuto qualche esperienza personale che lo ha terribilmente segnato. Come dicevo prima è anche un personaggio molto incasinato, a scuola lo chiamano lo schizzato e in effetti qualcosa di anomalo in lui c’è davvero. La parete di camera sua è tappezzata di post-it, ha incontri regolari con uno psicologo e a volte scompare per giorni e poi ritorna. Ecco, questo suo lato “schizzofrenico” se così vogliamo definirlo onestamente non l’ho capito. Non so se sia stato reso male o altro, ma l’ho trovato molto fuori luogo per un personaggio così acuto e razionale nel relazionarsi con lei. Manca quantomeno di un approfondimento, di una spiegazione per alcuni dei suoi comportamenti, forse chi ha letto il libro da cui è tratto è riuscito a farsi un’idea più completa, chissà… Stessa cosa non posso dire per Violet, che dimostra di essere una protagonista ampiamente ben caratterizzata e credibile.

A far da contorno alla storia di questi due ragazzi c’è un’ottima fotografia ed è evidente come all’autrice le idee non manchino, le trovate interessanti e fuori dagli schemi sono molto carine, per quanto sempre molto stereotipate. La scelta degli attori l’ho trovata molto azzeccata ed è sicuramente uno dei pregi della pellicola. Elle Fanning e Justice Smith interpretano in modo intenso e convincente il loro ruolo e tirano le fila di tutto il film da soli, gli altri personaggi sono praticamente marginali.
È sicuramente un film che vuole apparire intenso e a tratti ci riesce pure, ma per quanto abbia colto il messaggio che voleva trasmettere rimane per me carente in qualche dettaglio.

ATTENZIONE, DA QUI SONO PRESENTI SUL FINALE spoiler

Onestamente penso che il film si sarebbe potuto concludere diversamente, non mi avrebbe stonato un finale da classico romanzetto rosa. Il Finch razionale a me piaceva davvero e mi sarebbe bastato lo spessore dato al film dalle problematiche di lei, senza aggiungere altra carne al fuoco …soprattutto se non spiegata. Lui non si capisce davvero se abbia una qualche strana patologia, se sia borderline o altro. Per un attimo ho creduto che rivedesse in se stesso il padre violento e che non si riuscisse a togliere di dosso questa sensazione, ma questo non spiegherebbe altri comportamenti che ha.
Sembra che si sia concentrata tutta l’attenzione nel rendere al meglio il personaggio di Violet e che agli altri sia stata data un’attenzione più marginale. L’amica di lei all’ultimo si scopre essere bulimica e ha anche lei tentato il suicidio (l’80% dei ragazzi americani sono tutti così?!), ma la cosa viene buttata lì, due frasette e ciaone. A quel punto potevano anche non dirlo e concentrarsi maggiornamente su Finch. Beh onestamente questa mancata caratterizzazione a me è mancata molto, poteva dare quel “di più” a un film che ribadisco non essere brutto.