Immagino che prima o poi qualcuno se lo chiederà, e probabilmente ci sarà pure chi darà una spiegazione razionale, ma la verità è che una volta costruito il tutto un nome intelligente era l’unica cosa che veniva a mancare. Pensa di qui, sbatti la testa di là. Non mi veniva in mente un qualcosa che racchiudesse tutte le tematiche che sarei andata a toccare, così mi sono detta: scegliamo qualcosa che non c’entri un tubo! Così sono saltate fuori le tazzine, un oggetto che mi affascina in tutte le sue forme e di cui faccio gran uso del suo contenuto, sia questo tè caffè o cioccolata.
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TRAMA DELL’EDITORE:
Lia ha tredici anni. È una ragazzina italiana piena di sogni e di allegria, con l’unica colpa di essere ebrea durante la Seconda Guerra Mondiale. Dallo scoppio delle leggi razziali la sua vita cambia, e con la sua famiglia è costretta a rifugiarsi in numerosi nascondigli, a sparire dal mondo. Da quel mondo di cui vuole fare disperatamente parte. Passano gli anni, conditi da giornate piene di vicende, di primi amori, di paure e di speranze, come quella più grande, la speranza che presto la guerra finirà. Ma nessuno ha preparato Lia alla rabbia dei nazisti. Il 16 ottobre 1943, la comunità ebraica del ghetto di Roma viene rastrellata dalla Gestapo e i nazisti le ricorderanno che una ragazzina ebrea non ha il diritto di sognare, di sperare, di amare. Di vivere. Lia sarà deportata ad Auschwitz con la sua famiglia, e da quel giorno avrà inizio il suo incubo. Terrore, lavoro, malattie, camere a gas, morti. E determinazione. Quella che Lia non vuole abbandonare. Quella determinazione che vorrà usare per gridare al mondo di non dimenticare. Quella determinazione che brillerà nei suoi occhi quando il freddo sarà troppo pungente, quando la fame sarà lancinante, quando la morte sarà troppo vicina e quando sarà deportata in altri campi di concentramento.
Quella determinazione che le farà amare la vita, e che le ricorderà che anche le ragazzine ebree hanno il diritto di sognare. Perché non esistano mai più le casacche a righe, perché nessuno sia più costretto a vivere in base a un numero tatuato su un braccio o in base a una stella cucita sulla veste.
Perché dal cielo non cadano più le stelle.
RECENSIONE DISTREGA DEL CREPUSCOLO: Quattro tazzine tonde tonde.
Quando mi è stato proposto di leggere questo libro ero un pò dubbiosa, come ben sanno i lettori, mi piace spaziare tra diversi generi, dall’epic fantasy alla narrativa, tuttavia i romanzi storici, non rientrano, in linea di massima, nella mie letture abituali.
Sofia Domino ha una buona prosa ed è evidente fin dalle prime pagine l’ENORME lavoro di ricerca che ha fatto per il suo libro.
Veniamo a noi, la storia ha come protagonista la famiglia Urovitz, ebrei romani che, da ormai tre anni vivono nascosti nella cantina di alcuni amici. Daniele, Giuditta, i loro figli Lia, Chalom e Tommaso e la nonna Myriam si nascondono al mondo.
Nonostante siano al sicuro devono rispettare regole severe, di giorno non devono mai fare rumore, le attività che posso svolgere sono molto limitate, il cibo è poco e la paura di essere scoperti è alta.
Le giornate scorrono sempre uguali e il lettore avverte la stessa irrequietezza e noia vissuta dalla protagonista: quanto tempo ancora dovranno nascondersi? La guerra finirà mai?
Lia sogna, un giorno, di diventare una dottoressa e di poter curare i malati in tutto il mondo, la ragazzina è sempre fiduciosa e cerca di infondere la sua speranza alla famiglia.
Le giornate trascorrono lente, l’autrice descrive molto dettagliatamente (forse troppo) i piccoli avvenimenti nella vita degli Urovitz, ovviamente il cibo è un problema. I signori Parisi (i coniugi che nascondono gli Urovitz) fanno del loro meglio per far avere loro del cibo ma, ormai, tutti soffrono la fame e le tessere annonarie non bastano per tutti.
Anche il caldo di Roma, chiusi in quella cantina asfissiante, è un problema che pesa sopratutto su Myriam. L’anziana soffre molto e più di una volta si sente male.
Cosa succederà se la donna dovesse aggravarsi? Trovare un medico fidato, disposto a visitare di nascosto una donna ebrea è difficile e c’è sempre il rischio che quest’ultimo non mantenga il segreto sul loro nascondiglio.
Ad allietare la vita della ragazzina arriva, imprevista, l’opportunità di corrispondere con un ragazzo della sua età: Hadas che, come lei, si nasconde dai nazisti e dal mondo intero. I due ragazzi, da subito, si sentono molto vicini ed entrano in sintonia. Lia può confidare al ragazzo tutto quello che non può dire ai suoi genitori o al fratello. Hadas nella sua cantina ha una finestra dalla quale, di notte, può vedere il cielo e questo diventerà un sogno per Lia, quello, un giorno, di poter ammirare le stelle con Hadas.
I bombardamenti che devastano Roma spaventano a morte gli Urovitz, specialmente Giuditta e, mentre Lia si aggrappa con forza ai propri sogni e alla nascente amicizia con Hadas e Tommaso alla sua relazione con Mea, Giuditta non riesce a scacciare la paura e, in maniera molto egoista, cerca di rovinare i sogni dei suoi figli, senza capire che, se anche Lia non diventerà mai una giornalista, in quel momento, per la ragazzina è importante continuare a sperare. La sua assurda gelosia nei confronti del figlio Tommaso mi ha abbastanza infastidito, il ragazzo è costretto a stare rinchiuso e la sua relazione con Mea, anche se non fosse destinata a durare è importantissima per lui.
Mentre gli Urovitz ascoltano alla radio le terrificanti notizie sulla guerra e sul fascismo il lettore continua a domandarsi cosa succederà: la famiglia riuscirà a rimanere nascosta e relativamente al sicuro, fino alla fine del conflitto?
Durante i bombardamenti l’autrice ci mette al corrente di molti dati di rilevanza storica che, purtroppo, tendono ad appesantire quei momenti di puro terrore. Daniele decide di lasciare il nascondiglio per spostarsi da Roma, spera nella fine della guerra e sa che, se succedesse qualcosa nella capitale, non saprebbe dove portare la sua famiglia. La partenza dell’uomo è uno shock per tutti, specialmente per Giuditta.
Per un pò di tempo l’uomo riesce a tenersi saltuariamente in contatto con la famiglia almeno finchè i nazisti arrivano a Roma.
La paura di Lia è molto forte e il nascondiglio sembra farsi sempre meno sicuro finchè succede l’inevitabile: i Parisi sono costretti ad ospitare delle SS e gli Urovitz devono fuggire ma dove? La situazione per le poche famiglie ancora in grado di ospitare gli ebrei si fanno sempre più dure, la sorte di coloro che vengono scoperti ad ospitare gli ebrei è tremenda, rischiano di morire o di venire portati via…
Dopo un breve spostamento, Lia decide di scrivere a Hadas per scoprire se lei e la sua famiglia possono rifugiarsi con lui nella famosa soffitta.L’incontro tra i due ragazzini è molto toccante ed è stato davvero bello vederli di fronte alla famosa finestra, ma ancora una volta la guerra arriverà a infrangere i loro sogni. I nazisti vogliono occupare la casa degli Alighieri e nessuno può dire loro di no. Così, sebbene dispiaciuti, gli Alighieri devono mandare via sia gli Urovitz che la famiglia di Hadas. Ci sarà mai fine alle tribolazioni della ragazzina, esiste in tutta Roma un luogo davvero sicuro dalla crudeltà delle SS?
Certo, vista la trama del libro, il triste precipitare degli eventi era prevedibile…
Lia fugge assieme alla sua famiglia e a quella di Hadas e trova rifugio in chiesa. Così la vita riprende il suo tran tran anche se, adesso, Lia si ritrova in mezzo a una moltitudine di sconosciuti, ebrei come lei che sperano di essere protetti. Sfortunatamente, quell’ultima fuga è stata troppo per l’anziana Miriam, la donna ha bisogno di cure e, nonostante i preti si prodighino per curarle, la nonna sarà la prima vittima della famiglia Urovitz a morire a causa del nazismo.
Se avesse potuto godere di cure migliori, si sarebbe salvata? Probabilmente sì… arrivati a questo punto è ormai chiaro che nessun luogo è più sicuro e i nazisti arrivano a tentare di entrare in chiesa.
Forse, se fossero rimasti nascosti all’interno dell’edificio, Lia e la sua famiglia avrebbero avuto una sorte migliore? Non lo sapremo mai. Gli Urovitz e la famiglia di Lia tornano nel ghetto ebraico, nella loro casa, con l’intenzione di recuperare i loro pochi averi e fuggire. E’ stato stupido? Certo, come potevano non immaginare che proprio quello sarebbe stato il primo posto dove i nazisti sarebbero andati a cercarli? La confusione, la paura, la disperazione e l’impotenza li hanno spinti a nascondersi in un luogo a loro famigliare invece che fuggire da qualsiasi altra parte purchè lontano mille miglia dal ghetto… Catturati, spaventati a morte e portati via, ora il destino degli Urovitz è nelle mani dei nazisti e la loro sorte sarà segnata fin dall’arrivo nel campo di concentramento di Auschwitz.
Le torture, il freddo, il lavoro, la fame che tormenterà i protagonisti sono resi davvero molto bene così come la vita nel terribile campo di sterminio. Oltre alle torture fisiche anche quelle psicologiche sono descritte e analizzate a dovere, l’unica cosa “negativa”… sono le descrizioni un pò troppo simili delle SS.
Nel complesso un buon libro e devo fare un plauso all’autrice per il grosso lavoro che ha fatto di ricerca e l’accuratezza dei dati storici.
Vi lascio con una bella notizia: è uscito un nuovo libro di Sofia!
Come le lacrime nella pioggia
€ 00,00 assolutamente GRATUITO
TRAMA:
A ventidue anni Sarah Peterson è una comune ragazza di New York, appassionata di fotografia e di viaggi.
A quindici anni Asha Sengupta è una giovane ragazza indiana, venduta come sposa da suo padre.
D’improvviso il presente di Sarah s’intreccia con quello di Asha. L’amicizia tra due ragazze, diverse ma uguali, spiccherà il volo. Non solo Sarah si ritrova, con il suo fidanzato, a vivere per lunghi periodi in un villaggio remoto dell’India, ma scoprirà che cosa si nasconde in un Paese magico e allo stesso tempo terrorizzante.
Asha farà di tutto per lottare per i suoi sogni, per avere dei diritti paritari a quelli degli uomini e per continuare a studiare, perché non vuole sposarsi così giovane, e non vuole sposare chi non ama. Sarah si schiererà dalla sua parte, ma nel suo secondo viaggio in India scoprirà che Asha è scomparsa.
Liberarla dalla trappola in cui è caduta, per Sarah diventerà un’ossessione.
Un romanzo che fa luce su una verità dei giorni nostri, una storia di violenze, di corruzioni, di diritti negati. Una storia sull’amicizia.
Una storia in grado di aprire gli occhi sull’India, il Paese peggiore in cui nascere donna.
L’autrice invita i suoi lettori a firmare gratuitamente una petizione per aiutare le donne dei villaggi rurali indiani ad avere una vita migliore, (l’ ha lanciata lei stessa su Change.org) e a donare ad Amnesty International, la più grande organizzazione per i diritti umani. Davvero una bellissima iniziativa! Info per la petizione qui.
Ti capisco Giusy P. questo genere di romanzi va letto con il giusto stato d’animo, ecco. Magari potresti provare con questo, così capisci se il genere fa per te. ^_^
Il blog nasce dalla voglia di catalogare quello che ci passa per la testa, dalle recensioni di libri ai nostri lamenti nell’aspettare spasmodicamente l’uscita di un fumetto. E’ essenzialmente una raccolta delle nostre opinioni, criticabili ma pur sempre nostre.
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Giusy p.
10 Luglio, 2014Ne ho sentito parlare bene, ma non è proprio il mio genere :/
strega del crepuscolo
11 Luglio, 2014Ti capisco Giusy P. questo genere di romanzi va letto con il giusto stato d’animo, ecco. Magari potresti provare con questo, così capisci se il genere fa per te. ^_^