Intervista a Chiara Piunno
- [custom_frame_right][/custom_frame_right]Oggi per la nostra rubrica “una bevuta in compagnia” abbiamo il piacere di ospitare Chiara Piunno, classe 81’. Accanita divoratrice di manga, di musica e di romanzi corposi, ha osato accostarsi alla scrittura soltanto dopo la laurea. Imparare il “mestiere” dello scrivere era – ed è – una disciplina che coltiva di pari passo al lavoro di negoziante. Autrice della saga “Le Porte di Eterna”, potete leggere la mia recensione al suo primo romanzo, Il Principe del Drago QUI.
- Parlami di te. Quando hai iniziato a scrivere la tua saga fantasy? Quali sono i tuoi autori preferiti?
- Parlami della tua saga, Le Porte di Eterna. Di quanti romanzi si compone?
- Parlami del regno di Eterna.
- Uno dei personaggi principali è Mèlas Dracontos un ragazzo affascinante con un passato difficile alle spalle, cosa mi racconti di lui? Quali sono i limiti della sua forza?
- Saphina… capelli rossi, occhi bicolore e un potere di cui ancora non si sa molto. Qual è l’aspetto che preferisci di lei?
- Credo che il passato di Saphina ci riserverà ancora delle sorprese, ho ragione?
- L’altra protagonista indiscussa è Luscinia Linaioli, una ragazza proveniente dal nostro mondo che viene trascinata su Eterna per la seconda volta. Qual è il suo ruolo?
- Il romanzo racchiude una storia dentro la storia. Il passato di Luscinia, la battaglia del Crocevia…hai in progetto di scrivere un libro su questa parte della storia?
- Cos’è Obliatho?
- Una creatura molto interessante è l’elfo oscuro, Qillimar. Mi parli di queste creature?
- Il secondo romanzo della tua saga è stato pubblicato dalla Plesio Editore, posso chiederti come mai hanno iniziato dal secondo libro? I due romanzi possono essere letti indipendentemente l’uno dall’altro?
- Mi racconti qualcosa della tua esperienza con Plesio Editore?
- Per chiudere “in bellezza” ti chiedo di condividere con i nostri lettori una citazione tratta dal tuo romanzo.
Intervista a Chiara Piunno A CURA DI STREGA DEL CREPUSCOLO (Chiari)
Benvenuta nel salottino virtuale delle Tazzine di Yoko. Posso offrirti qualcosa? Una cioccolata o un cappuccino? Cornetto?
Cappuccino, grazie! Non dico mai di no.
Le prime “avvisaglie” di quanto sarebbe accaduto sono comparse quando avevo sedici anni. Finiti Tolkien e Rayearth delle CLAMP, ho provato per la prima volta il desiderio di creare un mondo. Un connubio fatale. Le idee sono covate per circa un decennio, e sono esplose in qualcosa di concreto solo dopo i venticinque. Avevo cose da saldare con la me stessa di allora, e i personaggi le hanno incarnate, alleggerendomi il carico. Devo loro molto.
Al contempo, devo molto agli autori che ho divorato una volta iniziato a scrivere; dopo l’università avevo smesso di fare molte cose… Appena ho scoperchiato il vaso di Pandora, ho esagerato come il mio solito. Martin, la mia amata Robin Hobb, Ursula Le Guin, la Harris, Marion Bradley Zimmer, Jaqueline Carrey, Rothfuss, Lynch… Poi, ho proseguito: la De Mari, Francesco Dimitri, la Rowling, Sapkowski, Sanderson… Sono felice che non esista un limite per le brave penne.
Una nota a margine: Richard Adams. Con lui, a dodici anni, è nata in me la passione per l’epica e l’avventura. Gli devo molte diottrie e la mia forma come lettrice.
Non sono una scrittrice di professione, o meglio: non ho iniziato a scrivere per esserlo. Ho scritto perché avevo una storia che mi batteva nella testa, che era maturata con me da anni, così ho preso carta e penna. Ho concluso l’intera saga senza fermarmi, e ci ho messo 6 anni. Dopo, con grande confusione e poca esperienza, mi son detta: “mi piace, vorrei che la leggessero anche altri, credo sia adatta al pubblico”. Lì è iniziato l’editing che perdura, anche ora. Finché non avrò finito.
Ho previsto “Il principe del Drago”, “La compagnia dell’Erede”, “L’ultima nata dell’isola di Roa” e “La figlia di Raya”. Per assurdo l’ultimo è, cronologicamente, il primo.
La saga è una parentesi chiusa. Ho – croce e delizia – almeno altri tre lavori che attendono il loro turno, sempre da anni. Spero di finire entro la vecchiaia, ahahahahahahahah.
Per me una storia non finisce, finché c’è un prima e un dopo. Concludere Eterna è l’obiettivo che mi pongo. Il resto sarà quel che il Caso vorrà.
Eterna ha un nome che porta il retaggio della me di 16 anni fa. Un nome che ho voluto mantenere malgrado sembri quasi “coccoloso” rispetto alla vera natura del luogo. Eterna è ciò che resta dell’antica Confederazione delle Libere Genti, è quel che rimane quando la democrazia fallisce e ci si deve difender da qualcosa che non si può fermare. Di natura intimamente multiculturale e multietnica, oltre che multi-raziale, questo regno è stato plasmato sulle differenze, sui conflitti irrisolti e su tradizioni che sono svanite nel nostro mondo, ma hanno perdurato nell’Altro.
Un’isola ignara di quanto avviene nel resto del pianeta a cui appartiene: una situazione che reputo molto familiare.
Mèlas è nato come una spalla, e ha travolto tutto, diventando un cardine della storia e delle storie a seguire. Questo perché incarna meglio di chiunque la forza di non arrendersi anche quando si è già sconfitti. Ha un solo limite, che non svelerò, ma che riguarda il nemico naturale della sua essenza violenta. Non mi sento di poter dire molto altro di lui, perché per definirlo com’è nella sua interezza ho impiegato 5 libri, quindi immagino che sarebbe riduttivo stilizzarlo.
Amo Saphina perché incarna il Fuoco meglio degli altri; con lei ho aperto una pista che concluderò in altre saghe, per ora accenno al fatto che fra tutti i personaggi è quella più mutevole, più abile ad adattarsi, ad arrendersi alle proprie pulsioni. Un personaggio sincero, che passa da un assoluto all’altro, senza perdersi.
Esatto. Di lei ancora non ho svelato nulla. Il suo sarà l’ultimo turno di una catarsi che coinvolge i tre protagonisti, rendendoli in grado di salvarsi. A Eterna o ci si evolve, affrontando i propri limiti, o si svanisce. Una teoria della selezione naturale che trovo molto stimolante nel fantasy. Più che la classica crescita dell’eroe, si tratta di una vera “tempratura” per far emergere l’acciaio, senza cui, salvo vari deus ex machina, non potrebbero affatto sopravvivere a certe prove.
Ne “Il principe del Drago” Luscinia ha un ruolo di nicchia, quasi blasfemo se si pensa a cosa abbia combinato precedentemente, quando aveva contribuito a concludere la Guerre dei Mille Anni. In questo episodio, lei incarna un sentimento necessario da vivere e metabolizzare: la paura.
Cosa accade all’eroe dopo che la vittoria lo ha lasciato ferito e distrutto, dopo che il “male” è stato sconfitto a spese del suo equilibrio psichico e fisico? Tolkien, da padre fondatore del genere fantasy letterario moderno, ha ben descritto i postumi di questo ruolo.
Per Frodo e Bilbo c’è stata la benedizione di Valinor. Una consolazione per concludere la loro vita terrena. Ma se la vita spezzata è quella giovane di un’adolescente cresciuta in una disavventura, cosa accade? Molti hanno tacciato la piccola Lu’ di codardia, deprecando i suoi troppi piagnistei…
Io ho tentato di immaginare cosa sarebbe successo a me (e ai miei nervi) se fossi andata in guerra e avessi rischiato la vita più volte, riportando anche orrende cicatrici.
Lei incarna un tema che segue l’intera saga e tocca in modi diversi tutti i protagonisti: ovvero il prezzo da pagare per ogni scelta. Il bene esiste solo come idea, ma lascia segni dolorosi quanto il male. Per quanto possa sembrare una posizione cinica, in verità non lo è: indica solo che – troppo spesso – il giusto e lo sbagliato mutano solo dal punto da cui li si guarda.
E Luscinia lo sa bene, malgrado i suoi anni.
Esatto. Sarà narrato ne “La figlia di Raya”, che chiuderà la saga in qualità di prequel sui generis.
In molti si fanno questa domanda. Vorrei saperlo anche io (ahahahahahah). Non scherzo: posso dire di conoscerlo più della media in qualità di creatrice, ma non di comprenderlo interamente. Se lo facessi, Esso o Egli svanirebbero.
Lo adoro. Qill nasce da un mio “sfizio”. Da anni, “bazzicando” il fantasy, sono spesso incappata in categorie elfiche “cattive”, scure, crudeli da contrapporre ai belli/buoni/biondi.
La cosa, mi ha sempre dato davvero noia, un po’ come i “villains a tutti i costi” di certi telefilm.
Il pensiero di qualcuno cattivo per eredità genetica suscita tenerezza più che paura.
Così mi son detta: “Perché mai qualcuno dotato di senno dovrebbe scegliere di essere cattivo solo per tenere il punto?”
L’unica risposta che sono riuscita a farmi piacere, è stata questa: per fame.
I leewghs, volgarmente “elfi neri” (che per assurdo sono acromi, quindi pallidi come albini), sono dei cannibali. Mangiano i loro simili. Tra loro, gli zombies e i vampiri ci sono molti punti comuni, alla fine.
No, non possono essere letti indipendentemente… o meglio: io potrei visto che ho iniziato le saghe migliori (es. La saga dell’assassino di R.Hobb) sempre partendo da un volume a caso, per poi colmare i vuoti con calma con gli altri tomi. Ma non lo consiglio ai meno esperti: potrebbe fumare loro la testa.
Del resto, nella vita reale, quando conosci qualcuno non sai nulla. Impari poco a poco, colmi i vuoti e se ti interessa proprio, allora scavi per sapere tutto: presente, passato e futuro.
La Plesio ha accettato il mio secondo lavoro – “La compagnia dell’Erede” – che è il seguito de “Il principe del Drago”, e malgrado l’ostacolo del primo già in vendita, hanno creduto a tal punto in quel che facevo da essere disposti a curare la versione digitale, mettendola nella collana e-Plesio.
I miei rapporti con la Plesio partono da lontano. Conobbi il marchio leggendo l’incipit della saga “Le Valli di Dreinor” di Sonia Barelli che ho adorato, così, visto che questa CE aveva (e a ha tutt’ora) un’ottima reputazione tra i colleghi del settore, mi sono presentata. Ho ricevuto un rifiuto articolato, molto gentile in cui si spiegava che per esigenze di pubblicazione non potevano occuparsi di un nuovo lavoro per quell’anno. Io ero alle mie prime esperienze; decisi che non avevo più molto da perdere, così editai da sola, con Amazon e Youcanprint. L’esperienza è stata faticosa, spaventosa e buona al contempo. Ho capito e imparato molte cose, e se non ho fatto errori grossolani che molti esordienti centrano di slancio è solo merito di colleghi self-publishers come Mara Fontana, Simone Lari e Maddalena Cioce: il loro costante supporto mi ha difesa, il loro esempio e aiuto incondizionato mi hanno guidata. In seguito, seguendo la mia strada in modo autonomo, sono tornata a interpellare la Plesio. Con Giordana Gradara ho imparato cosa comporti un vero editing. Amo la dedizione e l’impegno con cui segue i propri autori.
Nel mio lungo peregrinare in cerca di un editore serio, posso dire di essere stata davvero fortunata.
Mèlas rimase immobile per il tempo necessario a riflettere sul già fatto e sul da farsi…
«Presta fede alla parola data e mantieni i tuoi giuramenti!»
Rivide il pugnale affilato del sacerdote mentre si avvicinava al suo polso. La lama grigia si tinse di rosa in attesa di quella risposta.
«Giuro» aveva bisbigliato il piccolo principe di Xènia, a denti stretti per superare il dolore già presente e la paura di quello imminente.
L’acciaio gli aveva inciso la pelle: un contatto appena percepibile e una linea rossa era scivolata fino al gomito indolenzito dallo sforzo. Era l’ultimo dei Dodici Giuramenti di Antàr, i voti sacri con cui ogni re di Xènia si era confrontato nel giorno della Cerimonia di Successione. Non tutti riuscivano a pronunciarli fino in fondo e – si diceva – ciò avrebbe gettato una luce chiara sul loro futuro modo di regnare. Il principe stavolta aveva chiuso gli occhi per non vedere il sottile scettro arroventato che il Testimone del Giuramento – suo zio Nüctèus – stava per posare sulla ferita, a suggello delle parole rituali tramandate in quel rito da antichità remote. La tradizione voleva che ne restasse segno tangibile sulla pelle del futuro sovrano: ogni giorno della vita il Signore del Drago doveva ricordare i voti che si era scelto.
Mèlas studiò la perfetta uniformità dell’avambraccio.
La sua natura di Avràya non gli permetteva di avere cicatrici, così, anche di quelle del rito, non era rimasta traccia.
Una sofferenza inutile.
Ma lui aveva sempre mantenuto la parola data e in tal modo si sarebbe comportato in futuro.
Ti ringrazio per essere stata nostra ospite. Ti auguro buona fortuna con la tua saga.
Grazie infinite a te per la tua ospitalità squisita! È stato un piacere.
Valentina
28 Settembre, 2015Intervista veramente interessante. E il romanzo mi ispira molto. Credo proprio che non me lo lascerò sfuggire non appena avrò chiuso i conti con Martin.
strega del crepuscolo (Chiari)
28 Settembre, 2015Grazie Valentina.
Anche io vorrei chiudere i conti con lo zio Martin, se lui finisce di scrivere i libri…
Ellenita
30 Settembre, 2015La Piunno sembra molto simpatica, mi sa che farò un pensiero ai suoi libri!