Intervista a Laura Caterina Benedetti

Oggi è con noi per la nostra rubrica “Una bevuta in compagnia” Laura Caterina Benedetti ^_^

Laura scrive romanzi a sfondo romantico, spaziando tra il contemporaneo e lo storico. Ho avuto il piacere di leggere il suo “L’inquisitore di Lagoscuro“, libro che mi ha piacevolmente colpito e di cui trovate > QUI < la mia recensione.
Aspettando di vederla cimentarsi in un romance storico con tutti i crismi (e qui parlo di attenenza al genere) ecco a voi l’intervista:

Intervista a Laura Caterina Benedetti A CURA DI YOKO

    Benvenuta al nostro piccolo tavolino virtuale Laura. Mettiti pure comoda, ti posso portare un tè o un cappuccino? Un bel ciambellone con glassa??
    Ciao Yoko, e grazie di cuore per lo spazio che mi offri all’interno del tuo blog!
    [custom_frame_right]una bevuta in compagnia sul blog letterario de le tazzine di yoko - interviste[/custom_frame_right]Un tè andrà benissimo, grazie 🙂

  • Partiamo con la domanda di rito, chi è Laura Caterina Benedetti? Cosa fa nella vita oltre a scrivere?
  • Laura Benedetti (perché Caterina è un secondo nome che non uso mai, e che ho deciso di utilizzare solo come firma per i miei lavori) si è laureata in lettere moderne e deve trovare lavoro. Per due anni e mezzo ho fatto la volontaria in un museo, e nel tempo libero ho tre passioni dominanti: leggere, scrivere, i videogiochi. Di carattere sono abbastanza orso, e quando devo parlare di me non riesco a essere prolifica come quando parlo di ciò che mi piace fare!

  • Da dove arriva questa tua passione per la scrittura?
  • Non ne ho idea! Fin da piccola mi è piaciuto leggere, e quando giocavo da sola in cortile immaginavo mille storie e mille personaggi a partire soprattutto dai cartoni animati (visto che era la maggior parte di ciò che guardavo in TV). A 14 anni ho avuto il computer e, non so spiegare perché, ho incominciato a scrivere: sono partita con raccontini brevissimi, vaghi tentativi di “romanzi”, altri racconti… per un pezzo pensavo che non sarei mai stata in grado di scrivere cose lunghe, poi un giorno è venuto fuori il primo rosa. Dopo c’è stato “Non ti sposo!”, il primo lavoro che ho pubblicato in self, e di seguito gli altri.
    Delle motivazioni precise alla tua domanda non saprei darne: come dicono i Peanuts, spiegare perché ci è piaciuta o no una poesia è come voler spiegare le stelle, ossia è impossibile. Io mi approprio di questa risposta: non so dire “perché”, so solo che scrivo perché mi viene da dentro e non posso farne a meno, e una volta che ho scritto non so se sarei in grado di mettermi in cattedra per spiegare i perché e i percome, o dare consigli di scrittura e così via.

  • Quali sono i tuoi autori preferiti? Pensi ci sia qualcosa di loro in quello che scrivi?
  • “I tre moschettieri” di Dumas è IL libro che mi ha accompagnato in varie versioni durante l’infanzia, ed è l’unico libro che abbia riletto, e riletto quattro volte, e che vorrei rileggere una quinta e una sesta. Diciamo quindi che Dumas e i suoi romanzi di cappa e spada rientrano tra i miei preferiti insieme, negli ultimi anni, all’opera di Rafael Sabatini, autore di circa trenta romanzi ambientati nelle più varie epoche storiche. Se scriverò altri libri in costume oltre Lagoscuro, Sabatini, forse persino più di Dumas, è il modello a cui voglio tendere.
    l-inquisitore-di-lagoscuro-le-tazzine-di-yokoPer i rosa moderni… non ho un modello: paradossalmente, quando ho deciso di scrivere una storia d’amore l’ho fatto per il motivo detto sopra, perché la spinta al romanticismo mi veniva da dentro, e di rosa ne avevo letto pochissimi (e non sono neppure il mio genere preferito come lettrice!). Come c’è scritto sul mio aNobii e sulla rubrica che ho sulla rivista online “Eclettica”, mi definisco lettrice vintage. Con buona pace di tutti, nella mia libreria (e anche sul Kindle!) il 99% dei volumi è roba firmata Dumas, Sabatini, Salgari, Du Maurier, Mary Shelley, Gautier, Orczy, Verga e così via, e spesso mi è capitato di abbandonare sfacciatamente a metà libri contemporanei perché non erano proprio nelle mie corde, ritornando di corsa alle cose vecchie.
    Di tutto questo, nella mia scrittura c’è spesso lo stile antiquato: nel rosa in revisione che presto pubblicherò, e che si svolge in Italia al giorno d’oggi, troverete “egli, ella” nelle parti descrittive accanto a dialoghi dal taglio naturalmente moderno e quotidiano. Ho stabilito che, per tutto l’insieme di ambientazione e tipo di personaggi, questo linguaggio ci sta; se poi qualcuno lo troverà ridicolo io obietterò che, come artista, credo di avere il diritto di esprimermi come mi è più congeniale, altrimenti sarei solo una macchinetta che si adegua alle mode e che sacrifica la sua individualità in nome del compiacimento altrui (almeno, mi sentirei così se dovessi rinunciare al mio modo di scrivere solo perché secondo alcuni “è antiquato”).
    È naturale che questo non vale sempre, dipende da quello che scrivo: in “Katriona” lo stile moderno e sperimentale non ha niente a che fare col vintage!
    Non saprei dire se ci sono altri aspetti dei vari autori che leggo che compaiono in quello che scrivo; sicuramente, però, se trovo delle espressioni che mi piacciono le faccio mie al momento opportuno, però sempre a seconda del genere che sto scrivendo.

  • Ho avuto il piacere di leggere “L’inquisitore di Lagoscuro” e devo ammettere che durante la lettura mi ha subito colpito la ricerca attenta che hai messo nella scelta dei dialoghi. Un problema che trovo a volte negli esordienti è proprio la mancanza di un parlato che rispecchi l’epoca in cui si sta svolgendo la vicenda, mentre tu hai dimostrato un’accuratezza, anche in altri dettagli, che mi porta a chiederti quanto hai dovuto studiare il contesto.
  • dama libro - le tazzine di yokoSembra assurdo, ma non ho fatto ricerche riguardo ai dialoghi! Come ho già detto, le letture di Sabatini, che per inciso è l’autore del celebre “Scaramouche”, hanno dato frutto: le versioni italiane, risalenti agli anni ’30 e ’40, riportavano traduzioni bellissime sotto il punto di vista di dialoghi e descrizioni. Diciamo che dopo averne letti così tanti non mi è stato difficile imitare quello stile: se tu mi hai chiesto quanto ho dovuto studiare in merito, significa che la mia imitazione (o emulazione) non è venuta poi così male!

  • Hai creato due protagonisti estremamente reali, coi loro difetti e punti di forza. Fiordinando sopratutto è un uomo estremamente travagliato. Da dove è arrivata l’idea di un personaggio così?
  • Difficile dirlo, visto che Lagoscuro è l’ampliamento di un racconto che ho scritto circa dieci anni fa quando frequentavo il liceo; immagino che abbia avuto il suo peso lo stereotipo del maschio sfregiato. Mi pare anche di aver voluto creare apposta un protagonista tormentato, in grado di poter giustificare con un terribile evento passato i suoi terrori presenti. Lui dovrebbe venir fuori come un uomo coraggioso e determinato, cavalleresco e gentile, e l’amore, pur guarendo le sue antiche ferite, le acuisce a un certo punto della seconda parte proprio perché, in nome di quell’amore, lui teme che possa accadere qualcosa di male alla sua Erminia.

  • Fiordinando non è certo un nome comune, come l’hai scelto? E quello degli altri personaggi principali?
  • Questa è facile: da piccola avevo (anzi, ho ancora) un libro intitolato “Fiabe da tutto il mondo”. Una di queste, di provenienza italiana, parlava di dame e cavalieri e sortilegi, e il protagonista si chiamava Fiordinando. Il nome, che non avevo mai sentito e che non ho mai più letto da nessuna altra parte, mi era piaciuto subito e mi è rimasto impresso, e quando ho avuto l’idea per Lagoscuro mi è venuto subito in mente e non ho esitato a usarlo, visto che “suonava” adatto per il personaggio e il contesto.
    Per gli altri, ho passato in rassegna dei nomi che “suonassero” bene rispetto all’ambientazione e ai personaggi; Attilio, ad esempio, mi è venuto in mente dal conte cugino di don Rodrigo, Rufo Alberighi da San Rufo, e così via. Per i cognomi, ho pronunciato ad alta voce quello che mi veniva in mente associandolo al nome, modificandolo finché non è venuto fuori qualcosa che mi ha soddisfatto e che, di nuovo, suonasse adatto al contesto medievale.

  • Definirei il tuo libro “L’inquisitore di Lagoscuro” un romanzo storico più che un romance storico, ma ho letto che ti piace definire il tuo libro un “romanzo di costume”. Sono curiosa, come mai?
  • Sul fatto che è “romanzo” e non “romance” credo tu abbia ragione, perché la parte amorosa c’è ma non penso si possa paragonare con altri “romance” veri e propri dove ci sono molti più dialoghi e scene romantiche. In quanto al “costume”, l’ho definito così per correttezza: il nome della città è inventata, ho fatto qualche ricerca ma non ho trovato esempi di laici al fianco dei monaci nell’inquisizione (magari ho cercato male, ma se invece è così significa che nel mio romanzo c’è un “errore storico”), non ci sono personaggi realmente esistiti… per tutti questi motivi non lo posso definire “storico”.
    Dumas e Sabatini, tanto per citare quelli che leggo io, sono autori di romanzi storici, con i re, le regine, i cardinali, i Borgia, i rivoluzionari francesi, le guerre e le informazioni Storiche mescolate ai personaggi inventati. Il mio è “in costume”, cioè si svolge in un periodo passato della Storia – dicendo “Medioevo” tutti si formano una certa immagine dell’ambientazione – ma allo stesso tempo possono esserci piccoli anacronismi o “errori”, perché io mi sono concentrata sulla vicenda. In questo modo, gli eventuali errori non mi vengono addebitati come tali dal punto di vista storico, perché io per prima rifiuto questa definizione troppo impegnativa per il romanzo in questione.

  • “Katriona” sembra invece un romanzo molto particolare e il rapporto tra i due personaggi, lei una lucciola e lui, Leòn, uno spacciatore/usuraio, da l’idea di essere un amore malsano. Ci parli di questo libro?
  • Cerco di rispondere senza fare spoiler per eventuali lettori e lettrici che, dopo aver dato un’occhiata a questa intervista, decidano di leggere “Katriona”.
    katriona-le-tazzine-di-yokoAll’inizio il loro rapporto appare sotto una luce di possesso da parte di lui e passività da parte di lei, però poi tutto si trasforma con l’avanzare della trama e viene messo alla prova da eventi tragici e gravi. In ogni caso la tua definizione, “amore malsano”, è perfetta, chi l’ha già letto fino in fondo sa di cosa parlo e chi non l’ha letto… spero s’incuriosisca e gli dia una chance!
    La particolarità di questo romanzo è che ho voluto dare il ruolo di protagonisti proprio a personaggi discutibili, lui soprattutto visto che è un criminale; i protagonisti sono i personaggi dalla cui parte il lettore si schiera, ma stavolta non sono figure positive (anche questo è un elemento del noir, ad es. nel film “Le notti di Chicago”, un noir, il protagonista del triangolo amoroso è un gangster eppure lo spettatore prova simpatia per lui).
    Mi sono resa conto solo diversi mesi dopo averlo scritto che “Katriona” può rientrare nel genere noir: nel frattempo, infatti, ho guardato diversi film appartenenti a questo filone, ho cercato informazioni a riguardo, e ho trovato molti elementi che mi hanno permesso di definire così anche il mio “Katriona”.
    I cattivi ci sono, e sono ancor più “cattivi” di Leòn, e di nuovo ho voluto giocare su un paradosso: il poliziotto è la figura negativa (una delle figure negative), quando di solito dovrebbe essere quella rassicurante e positiva.
    È un romanzo al quale sono legata, anche perché è stato un esperimento per due motivi: innanzitutto fino ad allora mi ero sempre cimentata in storie “rosa” classiche, poi nello stile. “Katriona” è scritto al tempo presente, contro il passato remoto che di solito si usa, e spesso la narrazione scivola in prima e seconda persona, come se il narratore si rivolgesse ai personaggi, o come se loro pensassero senza osar dir nulla, e anche questo è un elemento importante perché molti eventi accadono (e precipitano) proprio per via dei silenzi e delle parole non dette.
    Sottolineo, e non mi stancherò di farlo, che “Katriona” non è un erotico né un romanzo pieno di volgarità o truculento: è crudo nelle situazioni, visti anche l’ambiente e i personaggi coinvolti, ci sono colpi di scena e scene dure, soprattutto nella parte finale, ma credo che né le descrizioni né i contenuti scivolino mai su un livello offensivo o “disgustoso”.

  • Hai diversi titoli all’attivo, una bella soddisfazione credo. Quale è quello a cui sei più affezionata?
  • Tengo a tutto quello che ho scritto, soprattutto se l’ho pubblicato, ma mi spiego: alcune cose le ho lasciate nel computer perché mi sono resa conto che non erano un granché, quelle che sono su internet le ho ritenute pronte ad affrontare il giudizio dei lettori (anche se in teoria il lavoro di revisione andrebbe avanti all’infinito!). Alla fine sono il risultato del mio lavoro, cose che sono “uscite” da me e su cui ho speso tempo, quindi mi pare naturale esserci affezionata, pur con tutti i loro difetti. Se però dovessi scegliere, mi piacerebbe che “Katriona” fosse più conosciuto: ci ho pensato tanto e mi piace l’idea che sia un noir pur con alcune scene di sensualità – come ho detto, all’inizio non sapevo come definirlo – e ancora non sono pentita di quello che ho scritto (ragiono così: se dopo lungo tempo ancora mi piace quello che ho scritto, vuol dire che vale qualcosa, perché mi capita anche di rileggere cose vecchie e dirmi “povera me, ma cosa ho scritto e come l’ho scritto?”).

  • Da dove nascono le idee per i tuoi scritti? Quale è la parte sempre più difficile nel realizzare un romanzo?
  • Da ovunque 🙂 Dal verso di una canzone, da qualcosa che vedo per strada, da uno stralcio di dialogo, da una situazione sentita raccontare, etc… Di solito con me funziona così: prima mi viene in mente una scena, poi, a sprazzi, altre scene, l’inizio, la fine… e per ultima la parte centrale! 2968df10d455bca245e529e175ab8537Scrivo “a braccio”, se si può dir così, senza schemi: appunti vari mi servono ogni volta che mi viene in mente una scena che dovrà stare più avanti, è una confusione enorme però io la capisco e ho tutto chiaro in testa. Dopo non mi resta che mettermi lì e legare tutte queste scene, e di solito “se deve venire viene”. Io la chiamo la mia vena, se c’è scrivo anche 3.000 parole al giorno, nei giorni buonissimi, altrimenti cerco di tenere una media di 1.000 parole al giorno. Questo mi è venuto da Weyman, altro autore “vintage” di cappa e spada di cui ho letto un paio di libri: lui diceva appunto di tenere questa media, quando scriveva, e visto che i suoi romanzi sono lavori pregevolissimi penso che come modello vada più che bene!
    “Confidenze dal parrucchiere” è un buon esempio pratico per questa domanda. Ero appunto a farmi tagliare i capelli e il mio parrucchiere, che sa che scrivo, mi dice quasi per scherzo: “Perché non scrivi un libro su ciò che le signore raccontano dal parrucchiere? I profumi, l’atmosfera, le confidenze… guarda, hai anche il titolo: Confidenze dal parrucchiere”. Il dialogo è stato tutto qui, perché io non parlo molto e anche lui non è chiacchierone.
    Ci ho pensato tornando a casa: vediamo, ogni capitolo una storia di una cliente, e ci dev’essere una prima persona, ad esempio la parrucchiera di una grande salone, che racconta… e le storie, le storie… quelle me le invento, prendo spunto da una riga letta su un giornale, da vicende sentite in giro che posso modificare, cambiare e allargare a mio piacimento, da idee che già avevo, e che posso sviluppare in mini racconti, ciò che poi è ogni capitolo, un piccolo racconto…
    Alla sera ho aperto Word, ho scritto il titolo, cap. 1, e via, e in 28 giorni ecco 39.000 parole lì, come per magia, e il lavoro era finito. Se mi chiedi come ho fatto, ti rispondo che non lo so: era il momento giusto per quella storia, ecco tutto! Colgo l’occasione per dir grazie al mio parrucchiere per l’idea che mi ha dato.

  • Cosa custodisci gelosamente nel cassetto dei progetti futuri?
  • – Le idee: un romanzo in costume su un personaggio letterario che mi ha sempre colpito molto; un romanzo in costume sullo stile dei vecchi film d’avventura; un rosa contemporaneo dai toni un po’ tragici
    – I progetti che sono già scritti per metà: una raccolta di racconti che oscilla tra vicende inventate e fatti che mi sono successi davvero e persone speciali che ho incontrato; un rosa contemporaneo tipo gli “Harmony Jolly”; un rosa contemporaneo frizzante
    – I progetti terminati e in revisione: il romance ambientato in Italia al giorno d’oggi, un po’ più lungo di Lagoscuro e con una trama da melodramma

    Grazie per essere stata con noi, è stato un piacere averti nel nostro salottino virtuale. In bocca al lupo per tutti i tuoi romanzi, spero che tu venga apprezzata come ti ho apprezzata io 🙂
    Grazie a te per questa intervista, e grazie soprattutto per le tue parole di incoraggiamento! Accetto i complimenti e, se leggerai altri miei libri, spero che ti lasceranno soddisfatta quanto Lagoscuro. Colgo l’occasione per invitare chiunque si sia incuriosito sulla mia pagina FB e sul mio sito, dove c’è la lista dei miei ebook completa di trame e link.

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1 Comment
  • Laura Lombardozzi
    9 Novembre, 2014

    Che intervista interessante 🙂
    Mi sa che proverò a leggere una sua opera 😉

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