Intervista a Edy Tassi

Per la nostra rubrica “Una Bevuta in compagnia” abbiamo il piacere di ospitare Edy Tassi.

Edy è nata a Cantù, in provincia di Como, una cittadina collinare dalla quale, nei giorni tersi e ventosi si puòEdy Tassi-le tazzine di yoko ammirare la punta del Monte Rosa. In lei però non scorre solo sangue lombardo, ma anche veneto ed emiliano. Un sangue nel quale, da almeno due generazioni, è presente una vena artistica che si è sempre manifestata attraverso la scrittura grazie a una zia poetessa e un cugino giornalista.
Come molti figli unici, da bambina giocava spesso con amiche immaginarie o leggendo. Sin da piccola, infatti, nella sua camera ci sono sempre stati tanti, tantissimi libri.
A nove anni, suo nonno le ha regalato la sua prima macchina da scrivere. Una Lettera 22 della Olivetti, con la quale, nei primi tempi, si è divertita più che altro a scoprire i misteri e le insidie della carta carbone, limitando la sua produzione letteraria a qualche riga di frasi scritte un po’ in nero, un po’ in rosso.
Dopo le medie, il suo percorso scolastico è stato caratterizzato da un andamento piuttosto schizofrenico. Diploma in ragioneria prima (perché i suoi genitori desideravano che avesse un “pezzo di carta”), laurea in letteratura tedesca, master in economia, diploma di traduzione. Insomma era un’anima in bilico fra due vite e in cerca della sua strada.
Strada che ha finalmente trovato, come spesso accade, mentre era intenta a fare altro. Nel 1999 ha partecipato a un concorso letterario organizzato da Donna Moderna e Harlequin Mondadori che, in modo del tutto imprevisto, le ha aperto le porte della traduzione. Nel 2001 infatti ha iniziato a lavorare come traduttrice per Harlequin, un’esperienza che continua ancora oggi.
[custom_frame_left]una bevuta in compagnia sul blog letterario de le tazzine di yoko - interviste[/custom_frame_left]Successivamente sono arrivate altre collaborazioni con Morellini e Grandi & Associati. Dal 2007 è cominciato il suo rapporto con Piemme e, in seguito alla partecipazione al Women Fiction Festival, anche con Feltrinelli.
Nel frattempo ha sempre scritto. Il suo primo “romanzo” risale a più di venticinque anni fa, in occasione del compleanno della sua migliore amica, alla quale ha dedicato una storia in cui lei era la protagonista. A quello sono seguiti giornalini amatoriali che la vedevano impegnata nel molteplice ruolo di caporedattrice, giornalista e lettrice. Diari… una quantità infinita di diari. Una tesi di laurea in cui presentava un’interpretazione esoterica delle fiabe dei fratelli Grimm. Tentativi di noir, fantasy e romance, a seconda delle sue letture del momento. Finché non ha deciso di fare sul serio. E dopo qualche piccola delusione, tanto incoraggiamento da parte di chi credeva in lei e tanta perseveranza, finalmente ha firmato un contratto con Harlequin Mondadori per la pubblicazione del suo primo romanzo, Ballando con il Fuoco.
La sua vita personale segue cicli decennali di quiete e di tempesta. Oggi è sposata, ha due figlie e le sue giornate ruotano intorno alla famiglia: le bambine da prendere, portare, riprendere, riportare… e ai libri: quelli che legge per piacere e per lavoro, quelli che traduce e, ora, quelli che scrive.
La cosa più difficile? Far capire che quando è seduta sul divano con una tazza di tè davanti e un libro in mano… sta lavorando!

Intervista a Edy Tassi
A CURA DI STREGA DEL CREPUSCOLO

    Ciao Edy, ti do il benvenuto ufficiale nel salottino virtuale de Le tazzine di Yoko, posso offrirti qualcosa? Un caffè, una cioccolata o altro?
    Ah, golosa come sono, decisamente una cioccolata! Anche se andiamo verso la bella stagione, non dico mai di no!

  • Leggendo la tua biografia, vedo che sei arrivata a lavorare nel campo delle traduzioni, in modo imprevisto: qual è stata la tua prima impressione di questo lavoro?
  • libri con nastro-le tazzine di yokoÈ stato come se si fosse accesa all’improvviso una luce! La proverbiale rivelazione. Una cosa fantastica, davvero. Da quel momento lavorare è diventato un piacere. Non sempre i libri che devo tradurre mi piacciono, sarebbe impossibile, ma il lavoro in sé sì. Anzi, la mattina non vedo l’ora di sedermi alla scrivania e di accendere il computer. Una sensazione che auguro a tutti di provare, indipendentemente dalla professione che si svolge. Questo non significa che tradurre non sia un lavoro impegnativo, non voglio dare un’impressione sbagliata. Ci vuole impegno, costanza, programmazione. Ma io ne sono innamorata.

  • La maggior parte dei libri che leggo sono, ovviamente, traduzioni e mi sono sempre chiesta: quanto influisce la traduzione sull’originale?
  • La traduzione dovrebbe essere il più possibile fedele all’originale. Innanzitutto da un punto di vista linguistico. Parlo quindi di registro (non si può tradurre un testo scientifico come se fosse un romanzo d’avventura o un libro della Kinsella come se lo avesse scritto la Blixen) e di stile (se l’autore usa periodi lunghi e involuti, il suo stile va il più possibile rispettato). Poi bisogna essere fedeli alle intenzioni dell’autore, quindi capire l’atmosfera, il non detto che però trapela da tanti altri dettagli e che un traduttore deve riuscire a trasmettere. E dove non si può essere fedeli, cercare la soluzione migliore che salvi l’aspetto più importante, il senso della frase, la sua funzione nel testo. Quindi diciamo che il grado di influenza della traduzione dipende dalle capacità del traduttore. E in alcuni casi anche dalle scelte editoriali. A me è capitato di tradurre libri che in inglese sembravano essere stati sbobinati e di doverli rendere “letterari” nella traduzione. Non è facile tradurre tenendo presente tutte queste cose. Un traduttore deve avere orecchio, sensibilità e una buona conoscenza dell’italiano. Certe volte tutto funziona, certe volte la traduzione è meno felice, proprio perché tradurre non è affatto facile.

  • Il testo, durante la traduzione, viene anche adattato in modo da essere più comprensibile per i lettori, un compito molto delicato, suppongo. Il traduttore deve quindi “interpretare” in qualche modo quello che l’autore voleva esprimere, giusto?
  • Esatto. Spesso la cosa migliore da fare è leggere tutto il testo prima di cominciare a tradurlo, per conoscerlo, capire lo stile, decidere il registro e coglierne l’atmosfera. A volte bisogna andare oltre le parole. Ammetto che io non sempre ho il tempo di leggere con calma il testo, ma di solito mi accorgo che pagina dopo pagina entro nella testa dell’autore e il mio lavoro si adegua. In fase di revisione, poi, riprendo l’inizio e lo correggo.

  • Ci sono delle “regole di traduzione” imposte dalle case editrici? Delle linee guida che i traduttori devono seguire?
  • Di solito sì. Ci sono norme editoriali, che sono le indicazioni su come la casa editrice vuole che si gestiscano alcunilente e libro-le tazzine di yoko aspetti pratici e tecnici della traduzione. Virgolette ad apice, caporali o solo il trattino? Il punto fuori o dentro le virgolette? I numeri in cifra o in lettera? I nomi stranieri tutti tradotti o no? Cose di questo tipo. E di solito ogni casa editrice ha le sue norme. Quindi quando si lavora con più editori bisogna fare attenzione. Poi ci sono linee guida che riguardano proprio il contenuto del testo. A volte ti dicono che devi alzare il registro, altre che devi sfrondare sulle ripetizioni, altre che devi rendere il testo più agile, altre che lo devi addirittura tagliare. Una volta ho tradotto un romanzo storico che in originale era di cinquecento pagine e la casa editrice voleva portarle a quattrocento. Ho dovuto leggere tutto il libro, individuare le parti dal saltare, sottoporre il file dei tagli alla CE e quindi procedere alla traduzione, facendo attenzione che tutto filasse lo stesso.

  • Quanto tempo ci vuole, mediamente, per tradurre un libro di… diciamo 300 pagine?
  • Be’, questo dipende dal tempo che puoi dedicare alla traduzione! Ho colleghi che sono vere e proprie macchine da guerra e altri che ponderano ogni singola parola e non producono più di due, tre cartelle al giorno. Io devo fare i conti con famiglia e figlie, quindi in generale per un testo di trecento pagine impiego minimo due mesi e mezzo, ma perché prima di consegnare faccio molte riletture e controlli. Inoltre scrivo, e questo mi porta via altro tempo.

  • Quali sono le difficoltà principali che un traduttore incontra quando comincia a lavorare su un testo?
  • Dico le prime che mi vengono in mente. Intanto non tutti i traduttori sono in grado di tradurre tutti i testi. Ci sono traduttori bravissimi con la saggistica che non riescono ad avvicinarsi a un romanzo. Traduttori esperti in libri per ragazzi che non riescono a tradurre altrettanto brillantemente thriller psicologici. Per essere versatili bisogna esporsi al maggior numero di registri e di argomenti. Per questo il traduttore deve leggere di tutto, anche quello che non gli piace, perché non si sa mai che libro possono darti da tradurre e tu devi essere in grado di fare un buon lavoro. Quindi una difficoltà è capire se si è in grado o non di tradurre un certo libro e, nel caso, rifiutare. Poi ci sono testi che all’apparenza sembrano semplici e magari sono pieni di giochi di parole, doppi sensi, neologismi, che mettono a dura prova l’inventiva di chiunque. Senza contare il fatto che un traduttore deve essere rigoroso, visto che il rischio è tergiversare all’infinito, tanto nessuno controlla se stai lavorando o no. Peccato che la data di consegna si avvicina e tu non hai ancora tradotto un piffero.

  • Attualmente lavori per la Harlequin Mondadori, come è iniziata la tua collaborazione con loro? Com’è lavorare per un grande editore? Hai qualche aneddoto da raccontarci?
  • harlequin-marchio-le tazzine di yokoAvevo partecipato a un concorso organizzato insieme a Donna Moderna in cui bisognava scrivere un Harmony. Non avevo vinto ma ero entrata in contatto con un editor che mi ha offerto questa possibilità e a quel punto, come dicevo, si è accesa la luce! Io in Harlequin mi sono sempre trovata bene e ho il piacere di detenere, insieme a poche altre, il record della traduttrice che ha lavorato con tutti gli editor uomini presenti (pochi in verità, ma io sono passata sotto le grinfie di tutti!). E l’aneddoto divertente riguarda proprio questa cosa. Ricordo ancora la faccia di mio marito quando mi ha sentito parlare con uno di questi editor. Discutevamo di una scena di sesso che andava addolcita. Lui leggeva il giornale sul divano e io ero al telefono. A un certo punto vedo che abbassa il giornale e comincia a guardarmi stralunato come a dire “ma con chi cavolo stai parlando”? perché mi aveva sentito dire “Ciao Alessandro” e poi giù tutta una serie di pose e descrizioni a luci rosse. Era lavoro, ovviamente, ma a lui faceva una certa impressione che sua moglie parlasse tanto disinvoltamente di sesso con un altro uomo!

  • C’è un libro, tra quelli che hai tradotto, che ti è rimasto particolarmente impresso?
  • Cleo cover-le tazzine di yokoCleo. Si tratta di un memoir di una signora neozelandese che tanti anni fa ha perso il figlio di nove anni in un incidente automobilistico. La storia parla di come lei e il resto della famiglia sono riusciti a superare il dolore grazie a una gattina nera, Cleo, che è rimasta con loro per quasi venticinque anni! Una storia davvero bella che mi è rimasta nel cuore. Tanto più che l’autrice un paio di anni fa è venuta in Italia e ha voluto conoscermi perché riceveva molte mail di lettrici italiane che le facevano i complimenti e quindi voleva ringraziarmi per il lavoro fatto. È stato un momento bellissimo, che ricordo ancora con tanta gioia.

  • Hai qualche consiglio da dare a chi vorrebbe intraprendere la professione di traduttore?
  • Non è facile dare consigli. Posso dire come mi sono regolata io per cominciare a svolgere questa professione. Frequentare una buona scuola di traduzione, che aiuti a capire se si è portati o no. Tanti pensano che per tradurre basti conoscere una lingua straniera, avere un computer e un dizionario. Non è così. Tradurre è una professione che richiede competenze e talento come qualsiasi altra, quindi bisogna conoscere le proprie capacità e regolarsi di conseguenza. Leggere tanto, perché leggere aiuta a farsi un orecchio per la traduzione e a sentire quando una frase suona naturale in italiano o quando è un calco dalla lingua di origine. Leggere di tutto, quello che piace ma anche altri generi, perché come dicevo prima non si sa mai cosa ti daranno da tradurre ed è meglio essere pronti. Approfondire la conoscenza della grammatica italiana e l’uso della punteggiatura. E coltivare una buona rete di amicizie, perché prima o poi potrebbe tornare utile l’amico floricultore, scienziato spaziale, microbiologo o fornaio.

  • Si parla molto di crisi dell’editoria, lavorando nel settore, cosa puoi dirci sulla situazione dell’editoria italiana?
  • Non è un momento particolarmente roseo. Il panorama è molto variegato. Ci sono case editrici che funzionano ancora bene, case editrici che cercano soluzioni alternative all’editoria classica, case editrici che spariscono. Io ho percepito un calo di lavoro, da un lato perché le case editrici stanno pubblicando meno titoli in generale e perché in alcuni casi scelgono di pubblicare esordienti italiani, tagliando quindi i costi di traduzione e riconoscendo royalites più basse agli autori. In altri casi capita che per rincorrere il testo di successo la casa editrice ti dica di mettere da parte un lavoro già iniziato per farne a gran velocità un altro, vuoi perché sta uscendo il film legato a quel libro, vuoi perché hanno fiutato nell’aria che quella sarà la tendenza della stagione. Perciò devi interrompere, poi ricominciare, e diventa difficile fare un lavoro armonioso, è più impegnativo dal punto di vista mentale.

  • Oltre che traduttrice sei anche una scrittrice, ti va di parlarmi del tuo libro “Ballando con il fuoco”?
  • ballando con il fuoco-le tazzine di yokoOvvio che sì!!! Si tratta del mio primo romanzo, uscito a fine novembre per Harlequin Mondadori. La storia ruota attorno a Nicholas Morgan, un coreografo, e Arianna Radburn, una ballerina. Si tratta di un romanzo erotico, nel quale però ho cercato di dare lo stesso spazio alle vicende legate alla realizzazione di uno spettacolo di danza, all’intrigo, all’evoluzione psicologica dei personaggi. Trattandosi di un esordio ho ancora un sacco di cose da imparare e migliorare, ma è stato accolto molto positivamente e mi ha fatto conoscere una sacco di persone interessanti, che amano il romance. Quindi sono davvero davvero contenta. Tanto più che se tutto va bene (non lo vedete ma ho tutte le dita delle mani e dei piedi incrociate!), la CE ha pensato di ripubblicare il libro in libreria. Quindi un traguardo ancora più elettrizzante!

  • I protagonisti Arianna e Nicholas promettono scintille, mi parli di loro?
  • Arianna è una ballerina convinta che per ballare bene sia sufficiente la tecnica e che la sensualità e l’erotismo servano solo per ottenere qualcosa dagli uomini. Di giorno fa parte di una compagnia di danza e di sera si esibisce in un locale notturno per raccogliere i soldi che servono a sua madre.

    Nicholas è un coreografo ambizioso che vuole realizzare lo spettacolo che lo consacrerà definitivamente. Quando scopre che Arianna si esibisce in un locale notturno si infuria perché vuole che lei si dedichi con tutta se stessa alla compagnia, ma è anche intrigato. Così le propone di esibirsi per lui.

    Entrambi pensano di poter lasciare i sentimenti fuori dall’accordo e di poter gestire l’attrazione che provano l’uno per l’altra senza che la cosa abbia ripercussioni sulle loro vite. Ma non è così…

    Spero di avervi incuriosite a sufficienza da indurvi a leggerlo!

    Ti ringrazio per la tua disponibilità e ti faccio un grosso in bocca al lupo per tutto.

    Grazie a voi di questa intervista, in bocca al lupo anche a voi per il vostro blog, e che i lupi crepino tutti e due!