Intervista a Maurizio Vicedomini

Oggi per la nostra rubrica “Una bevuta in compagnia” abbiamo il piacere di ospitare Maurizio Vicedomini.
Maurizio Vicedomini-le tazzine di yokoL’autore nasce a Napoli il 30 giugno del 1990. È laureato in Lettere Moderne presso l’Università Federico II di Napoli, chitarrista del sabato sera e cintura nera di Taekwondo.
È vincitore della sezione fantasy del premio Mondadori Chrysalide (Prima edizione, 2013).
Ha pubblicato diverse opere di genere fantastico: Il Patto della Viverna (Ciesse edizioni, 2012), Il Richiamo della Luna Oscura (GDS, 2012) e diversi racconti in e-book. Ha inoltre pubblicato numerosi racconti in antologie.
Cura la rubrica FantaCliché su TrueFantasy ed è vicedirettore di Fralerighe – Fantastico.

Intervista a Maurizio Vicedomini
A CURA DI STREGA DEL CREPUSCOLO

    Ciao Maurizio, benvenuto nel salottino virtuale del blog delle tazzine. Posso offrirti qualcosa? Un caffè, un thè? Pasticcini?
    Grazie mille per l’invito. Un thè va benissimo, se non è di disturbo.

  • Parlami un po’ di te. Chi è Maurizio?
  • Un laureato in lettere che vorrebbe essere studente per sempre. Un lettore che non è mai sazio di libri. Un musicista dalle scarse qualità. Un artista marziale in pensione. Un editor alla continua ricerca di testi. Uno scrittore che sa quanto i sacrifici e il lavoro siano indispensabili. Ma forse, più di tutto, un sognatore non ancora disilluso. magic books

  • Quando è nata la tua passione per la scrittura?
  • La passione è tale quando la si coltiva. Dunque da quattro o cinque anni. L’indole, invece, è più vecchia di un decennio.

  • Quali sono i tuoi libri e i tuoi autori preferiti?
  • Non dovrà stupire se non citerò alcun testo fantasy: i libri e gli autori variano con il tempo, con le esperienze. Oggi sono una persona molto diversa da quella che ha scritto Senzanome. Citerò dunque Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa come attuale libro preferito. I miei autori, invece, sono Calvino, D.F. Wallace, Carver, Gogol’. Solo per citarne alcuni.

  • Oltre che scrittore di romanzi e racconti scrivi anche articoli per TrueFantasy, lo stile giornalistico e quello narrativo sono abbastanza diversi l’uno dall’altro, come “passi” dall’uno all’altro?
  • In verità non è così complesso come si può pensare. È tutta questione di registro. Basta scegliere il registro linguistico più appropriato e modificare lo stile di conseguenza. Evitare “poetismi”, essere chiari, arrivare subito all’osso del discorso. Un po’ come scrivere saggistica.

  • Sei anche vicedirettore di Fralerighe fantastico (seriamente: dove lo trovi il tempo per dormire?) come è nata la tua collaborazione con questa rivista? Hai qualche aneddoto da raccontarmi?
  • Riesco ancora a dormire grazie a una “direzione” della rivista meravigliosa. Aniello Troiano, il direttore, e Simona Tassara, la vicedirettrice della sezione Crime, sono disponibilissimi e vengono incontro quando nascono impegni imprevisti o altri problemi. L’aneddoto migliore che mi viene in mente riguarda la nascita della rivista. Io e Aniello siamo compagni di università, e al principio dovevamo essere co-direttori. Ma eravamo entrambi abbastanza stressati e non riuscimmo a trovare un accordo sulle linee da seguire. Così uscii da Fralerighe, per rientrarne solo qualche mese dopo come semplice articolista. Allora la direzione del Fantastico era gestita da Michele Greco. Poi il mio improvvisarmi grafico, impaginatore e revisore mi valsero la “promozione”. Tutto sommato è una bella esperienza, e la redazione è numerosa e ricca di persone interessanti. Come disse qualcuno, avremo tempo per riposare nella tomba.

  • Parlando del tuo racconto, l’importanza del nome in quanto fulcro ed essenza di una persona è un tema caro al fantasy, la tua personalissima interpretazione di questo tema mi è piaciuta davvero molto: ti va di parlarcene?
  • L’importanza del nome e dell’identificazione ha radici molto profonde (si pensi all’agnizione di Lancillotto nello Chavalier de la charrette di Chretién de Troyes), ma la mia idea nasceva da uno sguardo diverso. Il punto che mi interessava mimetizzare nella narrazione era il relativismo della realtà. Il nome, così importante per il Dio abissale, è irrilevante per il bambino. Così il “futuro glorioso” che il nome dovrebbe portare non è confermato: il lettore non saprà mai se c’è davvero un nesso fra il nome e la vita. Il narratore, come il Dio abissale, potrebbe mentire. In fondo, se Kiliaran fosse destinato alla grandezza, come potrebbe morire, ucciso dal Senzanome? Parliamo del destino, in fondo.

    È tutto volutamente nebuloso, ambiguo, impalpabile. La verità non esiste, esiste solo l’interpretazione. Tutto, la realtà stessa, può cambiare radicalmente di significato se lo guardiamo da un altro punto di vista, se focalizziamo il nostro sguardo su qualcos’altro. Ognuno scorge una forma soggettiva nelle nuvole.

  • Il tuo protagonista ruba i nomi delle sue sventurate vittime per portarle al dio degli Abissi. Mi parli di questa tua divinità?
  • [custom_frame_left]una bevuta in compagnia sul blog letterario de le tazzine di yoko - interviste[/custom_frame_left]È uno dei giocatori alla tavola dei nomi. È quello con le carte migliori, gli è capitato “parco della vittoria” e domina la partita. Divora i nomi, certo. Ma perché? Se ne nutre? O fa suoi i destini a essi legati, sempre che ve ne siano? O è solo uno svago, e mangia nomi come si fumano sigari cubani?

    Una di queste opzioni è vera, o forse tutte. Ma se divorasse nomi per fame, allora non sarebbe così libero e onnipotente. Allora, forse, sarebbe il più schiavo di tutti, sebbene con tutti i suoi poteri…

  • Ho adorato l’ambientazione marina di buona parte del racconto, come mai l’hai scelta? Ami particolarmente il mare?
  • Il mare è suggestivo perché ci permette di vedere e vivere un mondo altro rispetto al nostro, alla normalità. Dove sulla terra camminiamo, sempre con i piedi fissi a terra, lì galleggiamo sospesi come se volassimo. Il sole riflette sull’acqua come non fa sul terreno, e inoltrarsi nelle profondità marine con gli occhi spalancati ci mostra una realtà che non possiamo scorgere altrove. Non c’era luogo migliore per incarnare l’origine di tutto il sovrannaturale presente nel racconto.

  • Parlami del rapporto tra il Senzanome e della sua vittima predestinata: Kiliaran.
  • Kiliaran è ciò che c’è oltre il limite del sopportabile. Siamo umani, c’è sempre qualcosa che non riusciamo a fare, che i nostri valori – la nostra coscienza – ci impediscono di compiere. E spesso, oltre quel limite, c’è sempre un bambino. Reale o simbolico che sia.

  • Com’è stato vincere il concorso Chrysalide?
  • chrysalide-le tazzine di yokoUna soddisfazione insperata. Non nascondiamoci dietro il dito: il pensiero quando si partecipa a un concorso organizzato da qualche “pezzo grosso” è sempre che sia in parte o del tutto già programmato, che sappiano già chi far vincere. Non sono uno di quei “complottisti”, ma il dubbio è insito nell’animo umano, come la diffidenza.

    E invece ho vinto io, senza alcun appoggio, senza nessuna conoscenza. Questa è stata la cosa più bella, al di là della pubblicazione. La vittoria come risultato di sacrifici e duro lavoro su me stesso, zittendo l’ego arrogante che mi vorrebbe già pronto al Nobel o a chissà cos’altro. Ognuno di noi ha al suo interno una barriera di arroganza. È giusto, spesso ci aiuta. Ma la vittoria più grande è dominarla, spezzarla, e lasciare che i consigli e le critiche spingano al miglioramento. È questo che mi ha portato alla vittoria, ed è questo che mi ha reso felice di avercela fatta.

  • Conosci gli altri vincitori?
  • Conoscevo per via informatica solo Emanuela Valentini. Gli altri li ho conosciuti in seguito.

  • Come se tutto quello che già fai non bastasse ti occupi anche di editing. Come sei arrivato a occupartene?
  • scrivaniadell'editor-le tazzine di yokoAnche qui è una predisposizione naturale. Ho un buon occhio – dicono – per refusi, ripetizioni, errori grammaticali in genere. Lo studio e l’esperienza della scrittura mi hanno reso capace di intervenire anche sintatticamente nei periodi e nello storyline.

    La sfida più grande è lasciare muta la voce autoriale e analizzare il testo in modo oggettivo. Ci sono periodi che io non userei ma che fanno parte dello stile peculiare di un autore. Se glieli segnalassi per uniformarli al mio stile gli farei un danno. E questo molti editor – e sedicenti tali – non l’hanno ancora capito.

  • Quali sono gli errori che ti capita più spesso di trovare nei testi che esamini?
  • Se si tratta di opere prime soprattutto confusione nell’utilizzo delle tecniche narrative, abbondanza di infodump [spiegoni] ed eccessiva co/sub-ordinazione. Nel caso di autori più esperti la ripetizione di una forma cristallizzata cara allo scrittore (come un particolare ventaglio di metafore, ad esempio).

  • Ho dato una sbirciata al tuo sito e ho visto che scrivi anche recensioni, ovviamente sono andata a leggere alcune cose e, per caso, non l’ho fatto apposta giuro, sono incappata in una recensione che ha scatenato un certo “flame” tra i fan dell’autore. Non voglio fare nomi ma chiederti: ti capita spesso? Come gestisci queste situazioni? Nel nostro blog ancora non è successo nulla di simile ma è meglio essere preparati…
  • No, non capita spesso. Anzi capitò solo in quell’occasione, per fortuna. Ma ero “giovane” e “sciocco”. Oggi non lascerei che un tale subbuglio prenda piede. Sono contro la censura, ma sono anche per la salute del mio fegato.

  • In generale cosa ne pensi della situazione dell’editoria italiana e dell’annosa questione: ebook vs cartaceo? Preferisci il formato digitale o il buon vecchio cartaceo?
  • eReader-Vs.-cartaceo-le tazzine di yokoL’editoria è in crisi profonda e non servo certo io per dirlo. Le colpe sono di tutti: gran numero di scrittori incapaci, scuola non edificante – e quindi maggioranza di lettori che si butta sul bestseller di turno –, editori che cercano affannosamente ciò che vende senza considerare la qualità, agenti letterari tramutati quasi del tutto in agenti di mercato.

    La mercificazione del libro è completa, e sono poco fiducioso che la piena possa rientrare negli argini. Dobbiamo solo capire se c’è un posto per il libro in questa società, in questa Italia, in questa “cultura”. Alcuni dicono che la risposta è il Self Publishing. Io non sono d’accordo. Prima o poi sarà sicuramente la strada da seguire, ma “non è questo il giorno” [cit.]. Non escono bei libri con il filtro delle case editrici, figurarsi in un mondo senza filtri. Trovare libri meritevoli – che senz’altro ci sono – sarebbe cercare il famoso ago nel pagliaio.

    Per quanto riguarda la questione cartacei vs ebook – se ancora ce n’è una – sono per la piena libertà. Che ognuno legga come più gli pare e piace. Io leggo cartacei perché mi piacciono, mi piace riempire mensole e librerie con i volumi, mi piace averli visivamente nella mia casa (mentre di sniffarli non se ne parla. Non è il mio feticismo). Siamo liberi – più o meno –. Che ognuno eserciti come vuole questa libertà.

  • Progetti futuri?
  • Per il momento mi sento abbastanza lontano dal fantasy. Sto seguendo altre strade, che non so dove mi porteranno. Comunque non ho fretta: voglio dare al mio prossimo libro il tempo che gli serve per crescere, migliorare. Se avrà modo di uscire in questo panorama editoriale così disastrato, allora magari ne parleremo.

    Bene, spero di non averti annoiato troppo. ^_^ Ti ringrazio per la tua cortesia e disponibilità e ti auguro buona fortuna per i tuoi progetti futuri.
    Grazie mille per il thé, gli auguri e la chiacchierata!